Allenamento al Femminile: Rischi e Fabbisogni

allenamento femminile

Parlare di nutrizione e allenamento al femminile significa toccare un tasto dolente. Ci sono diversi punti di vista a riguardo: c’è la fazione che sostiene che la donna “debba spingere come un uomo”, quella che è a favore della differenziazione e, infine, quella che differenzia in modo così accentuato facendo allenare la donna in maniera così blanda da non far verificare nessun adattamento…dunque nessun miglioramento (salvo i miglioramenti iniziali, quando si è neofite).

Una cosa, però, è certa: gestire una donna è più difficile.

- La perdita di peso non è lineare e progressiva
- la sfera emotiva è ampiamente coinvolta nella scelta degli alimenti (triste --> dolce e morbido / nervosa --> croccante)
- molte donne vivono un rapporto particolare con il proprio corpo e nei confronti del cibo (anche senza mai sfociare completamente in un DCA)
- danno molta (troppa) attenzione ai giudizi e commenti di chi le sta intorno (“stavi meglio prima”, “sei dimagrita troppo”, “stai diventando troppo muscolosa”, “ti vedo più gonfia rispetto a qualche mese fa”)
- hanno un equilibrio molto delicato e una condizione di stress cronico può portare anomalie che nell’uomo sono meno evidenti e si verificano più sul lungo termine (alterazione dell’asse ipotalamo-ipofisi surrene che porta quasi sempre con sé un’alterazione dell’asse ipotalamo-ipofisi gonadi e alterazione della funzionalità tiroidea)
- triade dell’atleta
- rischio di osteoporosi e alterazioni del ciclo mestruale dovuti ad una dieta non adeguata.

Insomma…. le donne sono più a rischio di carenze nutrizionali e di disturbi collegati allo stress CRONICO.


Quale sia la miglior programmazione per una donna non è argomento di questo articolo, magari ne parleremo in tempi successivi. In questo articolo ci concentriamo sull’aspetto nutrizionale e, in particolar modo, sulla nutrizione in grado di supportare le richieste di una donna atleta evitando, così, rischi di malnutrizione e conseguenze visibili sul lungo termine e difficili da recuperare.

Atlete che seguono una dieta che non soddisfa i bisogni energetici e nutrizionali hanno un rischio più alto di:

- lesioni muscolo-scheletriche
- alterazioni del ciclo mestruale
- squilibri ormonali (cortisolo, DHEA, ormoni sessuali, ormoni tiroidei)
- anemia sideropenica
- disfunzioni endoteliali
- disturbi e alterazioni dell’umore
- deficit a carico del sistema immunitario
- scarse prestazioni sportive
- scarsi livelli di benessere percepito.

Il rischio non riguarda solo l’apporto energetico e di macronutrienti (carboidrati, proteine, grassi) ma anche e soprattutto di nutrienti essenziali e micronutrienti: acidi grassi essenziali (EFA) compresi EPA e DHA (la cui carenza può comportare un aumento dell’infiammazione sistemica e stress ossidativo), amminoacidi essenziali, calcio, vitamina D, vitamine del gruppo B, folato, magnesio, ferro, zinco, selenio ecc…

tabella elementi

Sport a rischio

Ci sono degli sport che presentano rischi maggiori rispetto ad altri.
Un basso contenuto energetico e carenze nutrizionali sono comuni in quelle atlete che praticano sport in cui è importante prestare attenzione al peso corporeo. Dunque sport estetici, gravitazionali e di categoria di peso:
bodybuilding, powerlifting, boxe, triathlon, nuoto, running, ciclismo, ginnastica, danza, pattinaggio, salto con gli sci, immersioni, canottaggio leggero.

In questa tipologia di sport, soprattutto quelli “estetici” come il bodybuilding, non è raro riscontrare disturbi del comportamento alimentare (DCA), dall’anoressia nervosa alle abbuffate e disturbi ossessivo-compulsivi, compromettendo, così, anche l’aspetto mindset.

Alcune atlete non effettuano volontariamente delle restrizioni ma può capitare che mangino in maniera disordinata (scarsa qualità del cibo, prodotti conservati, junk food) oppure può capitare che esagerino con l’introito di fibra vegetale come frutta e verdura associando questo comportamento a quello che viene definito come “Healthy Lifestyle” (stile di vita sano).

- Un elevato consumo di cibi confezionati, “pronti all’uso”, di scarsa qualità comporta il rischio di scarsità di micronutrienti nella dieta e una condizione di infiammazione sistemica.
- Un elevato consumo di frutta e verdura ma anche di cereali integrali può rallentare lo svuotamento gastrico, aumentare il senso di sazietà e incidere (inconsciamente) sull’introito giornaliero. Non solo! Un abuso di fibra (solubile e insolubile) può comportare fastidi a livello intestinale che incidono negativamente sulla performance: meteorismo, stipsi, gonfiore, pesantezza, disbiosi.

Talvolta è l’esercizio fisico stesso (quando è molto tassante) che incide sull’appetito, specialmente in condizione di stress cronico.
Una dieta adeguata, che vada a supportare i fabbisogni in termini di macro e micronutrienti, e supporto tramite integrazione specifica aiutano notevolmente a:

- ridurre i rischi di infortunio (massimizzando le prestazione atletiche e la capacità di recupero)
- minimizzare il rischio di malattia (supportando il sistema immunitario)
- minimizzare il rischio di triade dell’atleta.

Per quanto riguarda l’ultimo punto (la triade dell’atleta) si tratta di una sindrome medica caratterizzata da disturbi psico-fisici e un pessimo stato di salute della donna atleta. È una sindrome NON SEMPRE da collegare ad un disturbo del comportamento alimentare.
Una decina di anni fa l’introito energetico basso è stato identificato come un fattore di rischio della triade dell'atleta femminile che contribuisce alla bassa densità minerale ossea (BMD, che può sfociare in osteoporosi) e ai disturbi mestruali (cicli irregolari, anovulatori, amenorrea ipotalamica).

Disturbi mestruali possono verificarsi a causa di livelli soppressi di leptina che interrompono la cascata di segnalazione per la sintesi di estrogeni e progesterone. In particolare, bassi livelli di leptina compromettono la pulsatilità dell'ormone rilasciante la gonadotropina (GnRH) portando a una ridotta secrezione dell'ormone luteinizzante (LH) dall'ipofisi e infine a ridurre la produzione gonadica di estrogeni e progesterone.
Il risultato netto è un'interruzione mestruale che si verifica lungo un continuum da lievi (ad es: anovulazione o carenze della fase luteale) a gravi irregolarità (es: oligomenorrea (cicli ≥ 35-40 giorni) che possono progredire in amenorrea (nessuna mestruazione per > 90 giorni).
Un altro motivo di disturbi mestruali può essere il furto di PREGNOLONE, tipica conseguenza di stress cronico.
Il pregnolone è il comune precursore degli ormoni sessuali e del cortisolo.
In condizione di stress cronico aumenta la richiesta di cortisolo che sottrae buona parte di pregnolone; il corpo ritiene primaria la sopravvivenza, meno prioritaria la fertilità e, dunque, riduce (o interrompe) la produzione di ormoni sessuali.
La conseguenza è uno squilibrio ormonale che si ripercuote sul ciclo mestruale.
Non è solo questione di fertilità, di voler avere o meno un figlio: è questione di salute.
Nelle atlete con disfunzione mestruale o amenorrea vera e propria è stata osservata una bassa BMD (bassa densità ossea), maggior rischio di osteoporosi e quelle che vengono definite fratture da stress.

È per questo che è così importante la gestione dello stress in una donna, una programmazione adeguata e corretta nutrizione…perché l’alterazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene trascina con sé un’alterazione anche dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi.


Sintomi da eccessivo stress

- Eccessiva perdita/caduta di capelli
- Capelli ed unghie fragili
- Insonnia o risvegli notturni
- Stanchezza al risveglio
- Stanchezza cronica e scarsa capacità di recupero
- Frequenza cardiaca a riposo alterata
- Variazioni (anche piccole) del ciclo mestruale
- Temperatura corporea anomala
- Problemi digestivi

Quanto e come dovrebbe mangiare una donna che fa sport a certi livelli?

Ci sono donne che mangiano, volutamente o inconsciamente, tra le 800 e le 1000 kcal/die.
In queste condizioni di crash metabolico non solo la prestazione e la salute sono compromesse ma, nel caso in cui ci sia bisogno di un cut o taglio del peso per rientrare in categoria o per ottenere certi dettagli “estetici”, questo non si può fare (in queste condizioni cosa si taglia?!).

In una condizione del genere è conveniente agire con un reset metabolico andando a intervenire sia dal punto di vista nutrizionale che da un punto di vista allenante. Durante la fase di reset, un ruolo particolarmente importante è assunto dai glucidi che, fra le tante cose, ci permettono di far riprendere vigore ed inefficienza metabolica (a 800 kcal/die il corpo diventa estremamente efficiente, un po’come quello degli obesi dove tutto ciò che viene introdotto viene utilizzato, non c’è alcuno spreco come avviene, invece, in soggetti naturalmente magri).
Quanto dovrebbe durare questo reset?
La risposta è, ovviamente, molto soggettiva ma, in maniera generica, un’atleta donna dovrebbe arrivare a sostenere *almeno* 34 kcal per kg di massa magra, 0,8 g di grassi per kg di massa magra, 4 g di carboidrati per kg di massa magra.
Dunque il minimo indispensabile per una donna che fa sport ad alti livelli è:

- Introito: 34 kcal/kgMM
- Grassi: 0,7-0,8 g/kgMM
- Carboidrati: 4 g/kgMM

Da questi numeri, poi, si può tranquillamente migliorare ancora. Bisogna pensare sul lungo termine, supportare il benessere e la fisiologia dell’atleta e fare in modo che, una volta arrivati al periodo di taglio del peso, vi sia margine per poter tagliare.
Ognuno, poi, ha parametri metabolici propri (in base a genetica, sistema nervoso, funzionalità ipotalamica, biotipo corporeo). Per stabilire il miglior fabbisogno energetico per *quell’atleta* in particolare è importante una corretta anamnesi alimentare, valutare la tipologia di attività fisica (e la tipologia di stimoli sostenuti) e lo stile di vita (recall, diario alimentare, vedere di persona la donna mentre si allena).

Un recente studio del 2018 parla di:

- 25-35 kcal/kg con 3-5 g/kg in persone che svolgono fitness (1 ora per 3-5 volte a settimana)
- 45-70 kca/kg con 5-8 g/kg di carboidrati in atleti che si allenano fino a 3 ore per 4-6 volte la settimana
- introiti molto alti con 8-10 g/kg di carboidrati in atleti d’élite con stile di vita molto attivo.

Nelle donne “naturalmente magre” non bisogna affidarsi all’appetito per gestire gli introiti calorici: sono donne che, solitamente, hanno poca fame, difficoltà ad assumere dosi elevate di cibo “pulito”, difficoltà a mettere su peso.
Qualora vi siano problemi di questo tipo, non bisogna aver paura di inserire cibi “raffinati”, snack, alimenti ad alta densità energetica (tante calorie in poco volume), vitargo, maltodestrine, ciclodestrine ecc…
Sono atlete, dunque hanno una buona sensibilità insulinica. Non abbiate paura di “sporcare” la dieta!

Nel caso in cui il problema sia la difficoltà nel raggiungere certe dosi di proteine, si possono sfruttare amminoacidi essenziali (EAA), preferibilmente in capsule o bustine monodose (miglior rapporto stechiometrico).


Fase di restrizione calorica

E quando arriva la fase di restrizione?
Un calo veloce del peso dovuto ad un taglio drastico dell'ultimo momento impatta negativamente sulla massa muscolare, sul sistema nervoso e sulla performance. Non solo! Un taglio drastico comporterà un rebound post gara (rapido aumento del peso dopo la competizione) e, questo aumento, è prevalentemente a carico di liquidi e massa grassa.

Per il taglio del peso è importante partire in anticipo, investire nella OFF season senza, però, allontanarsi troppo dal peso di categoria, programmare in anticipo quella che sarà, poi, la stagione agonistica in modo da poter perdere peso in maniera lenta e graduale, preservando la massa muscolare, la prestazione e la salute dell’atleta.
Per preservare la salute, l’equilibrio ormonale dell’atleta e ridurre al minimo tutti i fattori di rischio (anche in quelle fasi della preparazione considerate più “estreme” come definizione o rientro nella categoria di peso pre gara), è importante tener conto di alcune “regole”:

- perdita di peso mensile che si aggira intorno all’ 1,5 % del peso corporeo
- corretto bilancio idro-elettrolitico
- mai eliminare il sale
- non scendere con l’introito sotto le 24-25 kca/kg di massa magra
- non scendere con grassi sotto i 0,5-0,6 g/kg di massa magra
- allenamento contestualizzato in base alla fase e agli introiti del periodo
- quando le cose non vanno come previsto MAI forzare la mano, piuttosto riprogrammare la propria stagione agonistica.

Queste sono le cose da tenere a mente in maniera generica, tips più dettagliate dipendono anche dalla tipologia di sport e competizione da effettuare.
Un’attenta pianificazione dietetica può aiutare un’atleta a soddisfare le esigenze energetiche e nutrizionali.
Sia la quantità che la qualità delle assunzioni di macronutrienti sono importanti per supportare la salute e le prestazioni degli atleti.

È importante che il nutrizionista sportivo si interfacci con il medico dello sport ed il preparatore atletico (anche con lo psichiatra qualora sia presente nella squadra).

Teamwork is the key!


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A cura di
Dott.ssa Patalano Myriam Biologa Nutrizionista
Ischia Nutrizione Patalano

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